sabato 2 luglio 2016

Schiave & invisibili: in fuga dall’inferno

Un fiume di donne. Scappano dal Sudamerica per raggiungere gli Usa ed evitare di essere torturate, stuprate, vendute ai mercanti del sesso. Un libro fa luce sulle storie atroci di queste migranti.

Giovanni Serafini                                                                                                                                      Settimanale Il piacere della Lettura, sabato 25 giugno 2016
 
Una terra senza riparo in cui le donne sono la preda designata, ombre umane cui nessuno s’interessa. Storie di violenze, di stupri, di torture, di corpi venduti, di speranze umiliate: è in questo mondo disumano che ci accompagna la giovane giornalista francese Camilla Panhard. Protagoniste del suo libro (“No women’s land”, edito da Les Arènes) sono le donne che ogni anno scappano a migliaia dall’Honduras, dal Guatemala, dal Salvador, dal Nicaragua.                                                      SONO le “altre migranti”, una realtà di cui da noi si parla poco, fiume umano in fuga verso gli Stati Uniti per sfuggire alla fame, alla prostituzione forzata, al dominio delle gang. Il loro viaggio dura settimane, a piedi, sul tetto di un treno, a bordo di autobus scassati. Un pellegrinaggio attraverso l’inferno durante il quale molte di loro scompaiono nel nulla: rapite da trafficanti che le vendono come schiave sessuali o le uccidono a colpi di machete per derubarle. Conoscono i rischi che corrono, sanno che il tragitto sarà un calvario, ma non hanno scelta. L’unico barlume di luce nel tunnel dell’orrore è l’aiuto della Chiesa cattolica: 52 rifugi in tutto il Messico gestiti da preti coraggiosi che non negano mail il soccorso, neanche al prezzo della vita.                                         Come mai non c’è traccia nelle nostre cronache di queste migranti del Centro America?           “Sono storie che avvengono lontano da noi, dall’altra parte del mondo. Io stessa le ho scoperte per caso, in occasione di un viaggio per turismo in Messico. Non sapevo niente di quel mondo di mafia, di corruzione , di omicidi, di compravendita di corpi umani. La lotta per la vita di queste eroine anonime mi ha affascinato e ho deciso di condurre un’inchiesta, durata 5 anni, per far conoscere a tutti le storie di Claudia, Mercedes, Ilka, Kristin, Griselda, Johanna, Sonia e tante altre”.   
                  
Cos’è che l’ha colpita maggiormente?                                                                                                              “I viaggi di quelle disgraziate sui tetti dei vagoni ferroviari. Lo spazio è minimo, la gente è tantissima. Se ti addormenti sei finito: è facile che ti buttino giù per guadagnare un po’ di spazio. Le donne sono più deboli, dunque più esposte. Il treno ha nomi diversi a seconda dei territori che attraversa: quello del Ciapas si chiama “la bestia”, quello che arriva a Veracruz è “il verme d’acciaio”, quello che percorre i deserti del Nord è “il cavallo di ferro”. Le soste sono pericolosissime. Le stazioni sono piene di banditi. Non puoi fidarti di nessuno”.                                                                                            Perché rapiscono le donne?                                                                                                                               “I trafficanti chiedono un riscatto alle famiglie, 3 mila, 5 mila dollari. Oppure le obbligano a prostituirsi. È una morte lenta: alcune impazziscono, altre soccombono all’Aids. Ai prosseneti basta un’occhiata per sapere quanto tempo una donna potrà durare. Prima le fanno girare dei film porno, poi la vendono a un bordello. A volte sono gli stessi poliziotti ad abusare delle migranti: le portano via in macchina e dopo le abbandonano in slip lungo la strada”.                                                                Ci sono statistiche sul numero delle donne sequestrate e uccise?                                                “Secondo la Natinal Comission for Human Rights messicana, nel 2010 sono scomparsi 11 mila migranti, nella stragrande maggioranza donne. Fra il 2007 e il 2014 le vittime sono state 164.365. in quello stesso periodo in Iraq i morti sono stati 81.636 e in Afghanistan 21.415. le violenze contro le migranti restano quasi sempre impunite: il loro viaggio si svolge in completa illegalità, non hanno documenti, l’anonimato le trasforma in prede ideali. Nessuno si preoccupa per loro. Sono nate in paesi in cui i delitti a sfondo sessuale non compaiono neanche nelle brevi di cronaca. Un rapporto di Amnesty International afferma che in Salvador, in Honduras o in Nicaragua 8 donne su 10 sono vittime di violenza carnale. Loro lo sanno ma non possono farci niente: la loro unica possibilità di difesa è usare un contraccettivo”.                                                                                                           Quanto costa un viaggio fino alla frontiera tra il Messico e gli Usa?                                                        “Moltissimo: anche 7 mila dollari, una cifra stratosferica in quei paesi”.
 
 
Ma perché vogliono andare proprio negli Stati Uniti?                                                                        “Perché là guadagneranno molto di più, come badanti o donne di servizio. Potranno rifarsi una vita e soprattutto mettere da parte dei soldi da spedire a casa, per far studiare i figli che sono rimasti". Ci parli dei 52 rifugi sparsi lungo tutto il tragitto messicano che sono gestiti dalla Chiesa cattolica. “Rappresentano in moltissimi casi l’unica salvezza. Le migranti hanno l’elenco in tasca, sanno che in alcuni centri troveranno anche l’assistenza medica e che negli altri, i più poveri, potranno comunque trascorrere una notte al sicuro. Il rifugio più famoso è quello di padre Alejandro Solalilde, un sacerdote messicano che vive a Ixtepec, nello stato di Oaxaca. Una sera gli sono arrivate tutte insieme 400 persone. Lui non si è perso d’animo: ha preparato una zuppa per tutti e ha steso dei cartoni all’aperto, sul campo, dove i migranti hanno dormito. Padre Solalilde è un eroe: ha ricevuto minacce, intimidazioni, maltrattamenti, ma è sempre andato avanti senza preoccuparsene”.

 

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