domenica 17 dicembre 2017

“Presi nella Rete”. Intervista a Giulia Dezza
di Daniela Scherrer - Giornalista -

Educare alla solidarietà è innanzitutto educare all’acquisto.
E garantire la qualità di quell’acquisto. Ecco allora che una cornice portafoto è elegante e diventa un regalo perfetto grazie alla bravura di chi l’ha realizzata e non perché l’artista è disabile. E quei biscotti al cioccolato si comperano perché sono buoni, non perché si aiutano i detenuti di una casa circondariale.
Ecco spiegata in breve la filosofia alla base della scelta di cinque donne intraprendenti, che hanno deciso di investire denaro, forze e creatività nella onlus “Presi nella rete”, che si è concretizzata nel negozio di Pavia, in corso Garibaldi: Giulia, Serena, Vittoria, Antonella e Pinuccia.
Il “fil rouge” di tutta l’attività è lavorare con le realtà sociali del territorio lombardo - l’ormai famoso chilometro zero - per aiutare loro, ma anche il Sud del mondo.
Un discorso che va oltre il sostegno di un progetto con gli avanzi di cassa, ma che punta a reinvestire questi ultimi per ingrandire sempre di più quel progetto, finanziarne di nuovi ed anche appoggiare realtà del profit che hanno progettualità stabili.
“Presi nella Rete” affonda le sue radici in una precedente esperienza, datata 2004 e alimentata dalla Cooperativa sociale pavese “La Piracanta”.
La volontà era quella di sostenere un progetto che prevedesse un negozio in cui dare spazio ai prodotti artigianali di altre Cooperative del territorio.
E proprio Giulia Dezza, una delle socie di “Presi nella Rete” fu l’anima di questo negozio per dieci anni, prima che la Cooperativa concludesse il progetto.
Giulia fa parte anche di Ains, la onlus che è attiva in Guatemala e che ha avuto grossa parte anche nella nascita di “Presi nella Rete”.
Se oggi Giulia, che tradizionalmente preferisce i fatti alle parole, ha accettato di raccontare la sua esperienza è perché spera che il cammino percorso, la trafila affrontata e anche le difficoltà incontrate possano servire ad aiutare altre persone di buona volontà a ripetere simili iniziative.
Innanzitutto Giulia è la testimonianza concreta di come l’entusiasmo e la caparbietà di arrivare ad un risultato positivo, ma anche la volontà di crescere e di formarsi, alla fine risultino vincenti.
Giulia infatti nel 2004 si è trovata a intraprendere un’avventura completamente nuova: non proveniva dal mondo del sociale, non conosceva la realtà delle Cooperative e quindi si trovava a dover riempire gli scaffali di un negozio vuoto partendo proprio da zero.
Giulia, quali sono stati i primi passi che hai compiuto?
“Non avendo nulla da vendere come Cooperativa La Piracanta, il primo passo è stato quello di cercare e contattare Cooperative del territorio che avessero produzioni artigianali da mettere in commercio, centri per disabili e anziani, carceri”.
Da quale ambito sono giunte le prime disponibilità?
“Dalle realtà legate alla disabilità, che hanno dimostrato subito grande interesse. Penso ai centri diurni per disabili, ad esempio, che al loro interno hanno ampi laboratori produttivi e che hanno colto al volo l’opportunità di entrare nella società con i loro prodotti. Gli oggetti realizzati non erano più esposti solo in occasione di feste ed Open Day interni, ma andavo sugli scaffali di un negozio per essere visti da tanta gente e venduti. Questo aiutava a crescere e stimolava innanzitutto l’utente del centro. Poi a ventaglio ci siamo allargati a Cooperative di altri settori, che magari inizialmente avevano trovato maggiori difficoltà perché non erano strutturate al loro interno per produzioni di un certo tipo o avevano problemi a individuare referenti di laboratorio”.
Quali le difficoltà maggiori che si incontrano?
“I problemi interni a queste strutture, di ordine burocratico, che portano a dilatare i tempi di inizio di una collaborazione.
E con alcune Cooperative inizialmente anche una certa diffidenza, nei confronti miei e delle altre Cooperative partecipanti.
Sembrava ci fosse quasi paura a confondere “orticelli” diversi.
Non è stato facile presentarmi come Cooperativa sociale che voleva vendere prodotti di altre Cooperative.
Ci sono voluti un paio d’anni per stringere legami con una decina di Cooperative”.

Sveliamo un segreto… Proprio la difficoltà iniziale a riempire il negozio è stata alla base di una intuizione che è diventata poi la molla scatenante… Parlo degli ormai celebri “gatti neri” sagomati per gli stipiti di porte e finestre che sono il vostro elemento distintivo…
“Sì, la difficoltà dell’inizio, quando in negozio entrava poca gente e i tempi di attesa erano lunghi, ho cercato qualcosa che potesse diventare autoproduzione. Ed ecco l’idea dei gatti neri, proprio come creatività anti-noia. Devo dire che ha funzionato molto bene, davvero. Poi si è aggiunta anche la proposta delle bomboniere, tutte confezionate con prodotti equo-solidali o a chilometro zero”
Quando si lavora con queste Cooperative c’è il rischio di avere prodotti qualitativamente inferiori a certi standard, oppure non ti sei imbattuta in queste difficoltà?
“In verità mi è capitato molto raramente di imbattermi in standard qualitativi non all’altezza. Quasi sempre, anzi, questi standards erano decisamente elevati. E questo credo sia uno dei segreti alla base della riuscita di un progetto. Intendo dire che è il bel prodotto e rendere valido il progetto, non viceversa. Noi abbiamo il negozio in pieno centro a Pavia, è chiaro che avvicini veramente la gente al sociale solo se rifuggi dal pietismo. Se un oggetto non è gradevole magari lo acquisti perché cerchi di aiutare un “poverino, poco fortunato”. Ma non è la giusta base su cui lavorare.
Devi vendere un prodotto perché vale veramente, solo in quel caso l’acquirente vede l’artista e non più il disabile, il tossicodipendente, il detenuto. E tornerà in negozio perché soddisfatto”.

Proviamo a tracciare l’identikit del cliente medio di un negozio come il vostro…
“Inizialmente, come è facile immaginare, i clienti erano gli amici della Cooperativa. Poi, quando il negozio si è trasferito vicino a una bottega equo-solidale, abbiamo cominciato a ereditare anche una parte della clientela etica, legata al mondo del sociale. Adesso abbiamo davvero una clientela composita: dallo studente universitario che da noi trova idee originali a prezzi contenuti fino alla cosiddetta “Pavia bene” che cerca oggetti esclusivi.
Il bello è che tutti sono interessati anche al progetto che sta dietro al prodotto che acquistano.
Abbiamo tratto indubbio vantaggio dallo spostamento ancora più in prossimità di corso Cavour, e quindi del cuore della città, in un ambiente che si presta particolarmente al nostro target anche esteriormente: una forma particolare, soffitti in legno che danno agli oggetti una luce speciale. Credo poi sia indispensabile una regola che consiglio a tutti: relazionarsi con chi entra in negozio. Un buongiorno e un sorriso non costano niente, ma sono già un ottimo biglietto da visita”.

E la vetrina? Quanto conta in un’attività di vendita?
“Tantissimo. Una bella vetrina è fondamentale per convincere il potenziale acquirente ad entrare. Del resto quella del vetrinista è una professione ambita, ricercata e ben pagata… Non essendo però vetrinista io ho dovuto capire alcuni dettagli durante il mio percorso. Inizialmente tendevo ad esporre i prodotti a seconda delle realtà di provenienza, poi ho capito che la gente preferisce ammirare in vetrina prodotti diversi e combinati: ad esempio un abito corredato a un gioiello e a qualche accessorio complementare”.
Che cosa auspica per il futuro di questa vostra realtà?
“Che migliori la comunicazione, a livello informativo.
"I clienti che entrano in negozio chiedono molte informazioni, è importante darle sia con materiale cartaceo ma anche attraverso il web. La nostra pagina facebook ha riscontrato molti consensi e con i volontari stiamo allestendo anche il sito. Strumenti indispensabili al giorno d’oggi. E naturalmente c’è bisogno sempre più di volontari, con una connotazione ben specifica: non solo gente che stia in bottega, ma che sia anche disponibile a conoscere i progetti, incontrare le Cooperative. E comunque, riguardo ai volontari, c’è bisogno sempre più di formazione.
E’ necessario inquadrarne le attitudini. C’è chi è portato alla vendita, chi ad allestire la vetrina, chi magari a tenere in ordine il negozio. Io stessa avverto il bisogno di una maggior formazione, che possa integrare l’esperienza acquisita sul campo in questi anni”.

E quale ritiene sia la “vittoria” più importante ottenuta?
“Il fatto che stia nascendo una rete vera anche tra le Cooperative. Spesso oggi sono proprio quelle con cui già lavoro a propormi nomi nuovi di realtà che hanno conosciuto e che ritengono idonee a far parte del progetto. Questo dà l’idea di una voglia di crescere concreta, che contrasta con quei casi di Cooperative sociali che, magari, avendo bisogno di un servizio di pulizie opta per una impresa piuttosto che per una Cooperativa come loro”
Un’ultima domanda: che consiglio si sente di dare a chi vorrebbe replicare altrove la vostra esperienza?
“Il mio consiglio è essenzialmente uno: crederci veramente, perché è un’esperienza che può funzionare e noi siamo qui a dimostrarlo. E poi mi sento di dire che è fondamentale il contatto diretto con le Cooperative, una visita periodica e un rapporto costantemente alimentato. Sicuramente è faticoso, ma decisivo. E anche gratificante, perché arricchisce oltre alla semplice presenza in negozio”.
Presentazione al Collegio Cairoli dell'ultimo libro di Marisa Mosca. Grazie Marisa e grazie Adriano Di Silverio per tutto quello che fate per il Guatemala e per il Comedor Infantil Casa 4 Luglio.
"Risi e sorrisi...Cucinare in allegria", il nuovo libro di Marisa Mosca per finanziare il nostro "Comedor Infantil" in Guatemala. Un regalo utile tutto l'anno con un'offerta di 10 euro.


Carissime e Carissimi che ci seguite da un po' di anni nel nostro tentativo di fare qualche cosa per migliorare il quotidiano di chi sta un po' peggio di noi.
Un caro saluto e un augurio, molto in anticipo, di buon Natale. L'anno prossimo continueremo con due progetti che ci stanno dando tante soddisfazioni: l'Armadio dei Pigiami e il Comedor Infantil. Il primo si sta realizzando da due anni a Pavia con le signore e i signori che frequentano l'APS Borgo Ticino (un ex comitato... di quartiere); il secondo in Guatemala dove stiamo seguendo, quotidianamente, 20 bambine, 20 bambini e 26 anziani. Una donazione, libera, è sempre ben accetta oppure, se volete, potete aiutarci finanziando un progetto specifico (la farmacia, l'infermiera di Comunità, il maestro di musica, ecc.). Quello che ci piacerebbe fare e stiamo lavorando per costruirlo, giorno dopo giorno, è creare un sistema di FINANZIAMENTO COLLETTIVO dove la logica è: IN MOLTI CON POCO.
Non vogliamo chiedere di più di quello che potete dare.
Questo è il nostro IBAN (IT70 W076 0111 3000 0004 6330 429) intestato ad AINS onlus.
Grazie e continuiamo a rimanere solidali.
Ruggero Rizzini
Presidente AINS onlus

Assolutamente convinti che se si fa solidarietà deve essere raccontata perché se no la gente non sa e se la gente non sa non si riesce a coinvolgerla in quello che si fa. Secondo noi è molto semplice. Dopo di che dipende sempre da cosa si dice, cosa si racconta e che atteggiamento si ha. Noi, quello che facciamo in Guatemala lo vogliamo raccontare per rendervi partecipi del bello che stiamo creando, dei posti di lavoro che siamo mantenendo e dei bambini che stiamo aiutando a crescere insieme alla maestra, alla cuoca, alle volontarie, insomma, insieme alle persone che in loco lavorano per gli altri. Aiutateci a continuare e insieme continuiamo a rimanere solidali. Questo è il nostro conto corrente postale per una donazione (n. 46330429).
Grazie e buona serata. I volontari di Ains onlus
Elisa,Giulia,Renza,Andrea,Alvaro,Ruggero
Ultima Giornata Medica 2017 a El Bosque. Grazie alla Dottoressa Marcy de Paz e all'infermiera Manuela Munoz.

giovedì 2 novembre 2017

Si parla nuovamente di infermieri oggi sul Corriere. L’esperienza dell’infermiere di quartiere a Pavia, promossa dall’Associazione Italiana Nursing Sociale, è un bellissimo esempio di come si concretizza l’aver cura nei luoghi di vita delle persone, in realtà lontane ma anche nelle nostre case, nella prossimità, e di quanto l’infermiere possa fare la differenza. (Paola Arcadi)

martedì 29 agosto 2017

E poi eccolo, ALVARO AGUILAR ALDANA, un utopista con i piedi ben saldi a terra, molto concreto, sognatore ma cosciente del fatto che con i sogni non si mangia per cui bisogna agire.
49 anni, amico da più di dieci anni, persona fondamentale per la continuità dei nostri micro progetti in Guatemala.
ALVARO non è un dipendente del Comedor Infantil ma, come tutti noi volontari di AINS onlus, fa altro nella vita.
Si mantiene lavorando da più di 20 anni per una ONG degli Stati Uni...ti con progetti in tutto il mondo compreso il Guatemala. Per il Comedor Infantil lavora GRATIS e, secondo noi, lo fa anche bene perchè lavora con un gruppo di persone (GENOVEVA, DAMARIS, MARCY, ROSA, SILVIA, ZULMA, CLOTILDE, EMANUEL, RONAL) che quotidianamente fanno cose, sono presenti, insegnano, imparano CONTINUANDO A RIMANERE SOLIDALI FACENDO RETE TRA LORO E CON GLI ALTRI.
ENMANUEL GEOVANNY ACEVEDO SALGUERO è invece il figo della situazione (vista l'età se lo può permettere) e lo si vede dalla foto, d'altronde. MAESTRO DE MUSICA, 22 anni, sposato con una bambina. Chitarrista diplomato e amante della musica in generale oltre che del canto. Per lui migliorare il Comedor significa TENER LUGARES ESPECIFICOS PARA CLASES Y COMEDOR, YA QUE LAS AREAS SON LAS MISMAS Y ESO CREA INESTABILIDAD CON LOS NIÑOS (avere uno spazio solo per il laboratorio musicale perchè facendo scuola all'aria aperta, nel grande cortile, si crea un po' di confusione).
Ed ora è il momento della presentazione dei tre maschi che, in minoranza, danno il loro contributo importantissimo nel Comedor Infantil. Come avrete notato il Comedor è donna e in un paese machista come è il Guatemala, beh, è una grande cosa che tutto funzioni per merito quasi esclusivo delle donne che si occupano di educazione, salute, igiene, alimentazione, ecc,ecc,ecc.
Partiamo con RONAL ENRIQUE RAMIREZ LOPEZ.
E' proprio così come lo si vede in foto con questa faccia simp...atica e poi è giovane, tranquillo, timido. C'è, fa tantissimo nel Comedor occupandosi della farmacia, ma è come se non ci fosse. E poi è l'addetto alle piante, ai fiori della struttura che premurosamente innaffia tutti i giorni. Si, perchè il Comedor è bello anche perchè avendo un pozzo proprio non abiamo problemi di acqua e c'è tantissimo verde. RONAL ha 27 anni, si occupa della farmacia (DEPENDIENTE DE MOSTRADOR DE FARMACIA) e vorrebbe IMPLEMENTAR UNA AREA DE JUEGOS PARA LOS NIÑOS nel Comedor. Se avete bisogno di un farmaco, RONAL sa tutto.

lunedì 28 agosto 2017

Una dura giornata,ma divertente e utile, a El Bosque e poi il traffico a città del Guatemala per tornare a casa.

domenica 27 agosto 2017

Le collaborazioni sono fondamentali per poter dare un futuro a qualsiasi progetto, grande o piccolo che sia. E allora vi raccontiamo cosa il nostro referente Alvaro ha messo in piedi con gli amici de lla comunità di El Bosque dove si reca una volta al mese per seguire il progetto della clinica medica e infermieristica. Visto che loro a El Bosque producono caffè esportandolo anche in Italia tramite la Cooperativa Shadhilly di Fano, per incrementare il mercato locale ha deciso ...di comprarne 2 kg al mese da proporre ai ragazzi universitari che vengono tutti i sabati a studiare al nostro Comedor. Certo, una piccola cosa ma importante. Una scelta etica scegliendo caffè organico, equo solidale e locale al posto di quello delle multinazionali. Per la cronaca, una tazza di caffè costa 5 quetzales, poco più di 0,7O centesimi di euro mentre 1\2 kg di caffè El Bosque poco più di 4 euro.

sabato 26 agosto 2017

Ed ora, prima di passare a raccontare i maschietti (perchè ci sono anche loro al Comedor Infantil) permetteteci di presentarvi GENOVEVA AZUCELY PERALTA ARRIAZA, la prima assunzione in Guatemala della collaborazione AINS onlus-Asociacione Moises Lira Serafin.
39 anni (nata il 02 settembre 1977 El Rancho Barrio La Bomba), 1 figlio.
E' la Segretaria occupandosi di tante cose, lavorando in collaborazione con Alvaro, il nostro referente progetuale.
A lei piacerebbe, per migliorare il Comedor Infantil, EMPLEMENTAR UN LABORATORIO PARA REALIZAR EXAMENES, QUE LOS NIÑOS RECIBAN CLASES DE RELIGION.

giovedì 24 agosto 2017

E poi c'è SILVIA JUDITH GARCIA ARRIAZA, la cuoca.
Ma cuoca (ENCARGADA DE COCINA) vera che ci mette la passione in ogni piatto che cucina. SILVIA ha una grossa responsabilità: sta contribuendo a far crescere una generazione di bambini (spesso abituati a mangiare una volta al giorno) con cibi sani, buoni e giusti. 46 anni, sposata, tre figli. Alla domanda "Cosa si può fare per migliorare il Comedor Infantil?" pensavamo una risposta inerente al suo lavoro, invece ci ha sorpreso: IMPLEMETAR CURSOS DE RELACIONES HUMANAS, QUE SE LES DE A LOS NIÑOS PRINCIPIOS Y EDUCACION SEGLAR.
Brava SILVIA e grazie
Collaborazione tra progetti: abbiamo inviato una donazione di farmaci dal progetto "farmacia social 4 de Julio" alla ecoclinica di Coban che servirà a sostenere le Cure dei bimbi del Collegio Comunidad Esperanza, Rainbow Guatemala Project, Asociacion Siervo De Dios Moises Lira Serafin, AINS onlus

Noi di AINS onlus e Presi nella Rete ringraziamo Caterina Vetro, anima e testa del progetto Rainbow Guatemala Project perchè ha capito il significato della parola COLLABORAZIONE. Non è più tempo di disperdere energie e non ha nessun senso lavorare da soli. Occorre, invece, fare rete, fare gruppo, CONDIVIDERE per continuare a VIVERE. Il senso della nostra collaborazione è questo: noi abbiamo una farmacia sociale nata per dare la possibilità a chi non può, di acquistare farmaci perchè anche chi è povero si ammala e vogliamo che possa curarsi. Caterina ha una EcocCinica a Coban pensata, costruita e aperta per chi vive nella discarica e intorno ad essa e deve comprare farmaci. Cosa ha deciso di fare? Comprarli da noi perchè eticamente ha più senso investire denaro tra realtà che operano nel sociale piuttosto che darlo a gestori di private farmacie . E poi, a parità di prodotto, da noi comviene perchè si ha un risparmio del 20%. Grazie caterina della tua scelta e della tua idea di Cooperazione.




Lo dico subito: ROSA ELVIRA LOPEZ ORTIZ è timidissima. La conosco da 4 anni e avremo scambiato 4 parole (come normalmente si usa dire per rendere l'idea). E' timida e riservata anche perchè, alle spalle, ha una storia fatta di tanti vissuti che sarebbe bello, un giorno farci racconta.
49 anni, sposata, 3 figli.
Nel comedor è l'ENCARGADA DE LIMPIEZA ( la donna delle pulizie). Se il Comedor Infantil è così pulito e tenuto bene, beh, il merito è di ROSA e del suo impegno quoti...diano anche per far capire ai bambini che a terra non si butta niente (perchè poi qualcuno deve pulire) e che se si trova pulito non bisogna sporcare. Brevi e semplici regole del convivere insieme.
A ROSA piace stare con i colleghi di lavoro, con i suoi figli e suo papà.
Alla domanda "Cosa si può fare per migliorare il Comedor Infantil", risponde " creare un conservatorio di musica".
Massimiliano Alloisio, hai capito? Ci dai una mano per creare il concervatorio di Musica come dice Maria? Dai, oltre al tuo impegno per finanziare lo stipendio del maestro di Musica ci pensiamo?


Eccola ANA DAMARIS PICON VASQUEZ DE LOPEZ. l'Infermiera Comunitaria (ENFERMERA COMUNITARIA), una pedina fondamentale nel Comedor e un progetto voluto, desiderato, realizzato grazie ad alcune donatori che ci hanno credito, che ci stanno creadendo.
32 anni,sposata, 3 figli.
Per migliorare il Comedor Infantil si dovrebbe, secondo lei, ampliare e migliorare la farmacia, creare un'area d'osservazione dei pazienti con problematiche gravi e una sala d'attesa che non sia il giardino ...del Comedor infantil.
L'Infermiera Comunitaria ha un ruolo fondamentale in un contesto particolare come quello di una baraccopoli.
Si reca a casa degli anziani, parla, li osserva, li cura.
Educa la gente a stili di vita sani e previene, attraverso l'informazione, le malattie.
Piccola considerazione a margine: 

Il vero obiettivo non è di rispondere semplicemente a dei bisogni, ma di condurre, accompagnare chi esprime quei bisogni a non averli più, o a soddisfarli in autonomia. E' questo approccio a generare una vera spinta, sia in chi dà, sia in chi riceve.

Questo è ANA DAMARIS PICON VASQUEZ DE LOPEZ
 
"La parola d'ordine di qualunque azione,tanto più se è non profit, è sostenibilità. Un concetto che, in realtà, dovrebbe ispirare qualunque azione filantropica, per depurarla da ogni residuo paternalistico o demagogico e renderla davvero eficace a medio e lungo termine."
 
pagina 142- Filantropie-2017 Editori Laterza
 
 
Continua la presentazione delle donne che fanno funzionare il "Comedor Infantil-Casa 4 luglio".
Tocca a ZULMA PATRICIA AGUILAR ALDANA, maestra (MAESTRA DE REFORZAMIENTO ESCOLAR Y TAREAS DE LA ESCUELA) di 43 anni, da subito presente nel Comedor, da quando sono arrivati i primi bambini. Madre di due bambine ama, nel tempo libero, cucinare, preparare dolci, leggere, stare con le figlie e preparare i laboratori e i compiti per i bambini.
Alla domanda: Cosa si può fare nel Comed...or per migliorarlo, ha risposto che servirebbe un'aula in modo tale che tutti i bambini possano stare insieme perchè ora si sta all'aperto nel giardino del Comedor. Pazienza Zulma, appena terminato il MURO DELLA SOLIDARARIETA', può essere che riusciamo anche a costruire un'aula per i bambini.

 Zulma è importante come tutte le lavoratrici del comedor che nasce anche intorno al suo ruolo, educativo, perchè oltre a dare un pranzo ai bambini, da subito abbiamo voluto aiutarli nei compiti. Una delle caratteristiche del suo lavoro è la creatività. Grazie ZULMA da tutti noi.
I muratori sono piccolini piccolini. A fine settembre terminano il progetto si inaugura.
Continua la costruzione del MURO DELLA SOLIDARIETA'


MARCY ELIZABETH DE PAZ CHAW è la dottoressa del nostro ambulatorio che tutte le settimane, il sabato, viene a visitare e distribuire gratuitamente (per chi non può permettersi di pagare; per chi lo può fare, il costo della visita e dei farmaci è molto popolare) chi si presenta per un problema di salute. MARCY ha 30 anni, non è sposata ne fidanzata e non ha figli. I suoi passatempi preferiti sono guardare la serie televisiva NEFIX, leggere e stare con gli amici e la famiglia. Anche a lei abbiamo chieso cosa occorrerebbe fare per migliorare il lavoro all'interno del Comedor Infantil. Ecco la sua risposta: INICIAR UN LABORATORIO CLINICO, COLOCAR ARCHIVO EN FARMACIA PARA EXPEDIENTES Y UNA SALA DE ESPERA Y OBSERVACION. (Traduzione: avere la possibilità di eseguire esami ematologici per cui creare un piccolo laboratorio, avere un archivio nella farmacia per inserire le cartelle cliniche e i file, una sala d'aspetto e d'osservazione dei malati. Quest'ultima proposta significa fare un passaggio da piccola clinica medica a clinica con la possibilità di posti letto. Chissà se un giorno riusciremo a realizzare questo suo sogno).

Un progetto come il nostro, quello del Comedor Infantil "Casa 4 luglio", funziona grazie ad un lavoro di squadra, in Guatemala e a Pavia. Noi siamo due associazioni (Ains onlus e Asociacion Moises Lira Serafin) fatte di persone con la voglia di mettersi in gioco e soprattuto mettersi a disposizione degli altri come volontari e come dipendenti (il Comedor è un luogo che da subito ha creato lavoro). Iniziamo oggi il racconto di chi quotidianamente fa funzionare la struttura in ...modo che si conosca chi segue i nostri 40 bambini e i 25 anziani che tutti i giorni si recano al Comedor Infantil.
Un 'ennesima testimonianza concreta di quello che stiamo facendo.


Iniziamo con CLOTILDE MORAN MEJICANOS
63 anni, è nata il 25 giugno1954 (Oratorio Santa Rosa), madre di una figlia.
Al Comedor è MAESTRA VOLONTARIA DE MANUALIDADES intrattenendo i bambini,due volte alla settimana, con laboratori di manualità. E' lei che li educa al rispetto della natura organizzando piccoli ma importanti laboratori di riciclo della plastica (prima, tutti insieme a raccoglierla per le strade insegnando l'importanza del rispetto della natura che non va inquinata) e della seconda vita di materiali che, buttati, possono essere ancora utili.
Ecco cosa ha risposto a tre nostre specifiche domande:
Passatempo preferito?
Tutto quello che ha a che fare con la manualità tessitura e ricamo
Cosa le piace fare quando non è impegnata nel Comedor?
Aiutare mia figlia nella sua Tienda, nel suo piccolo negozio
Cosa si potrebbe fare per migliorare il Comedor Infantil?
IMPLEMENTAR UN CURSO DE MORAL PARA LOS NIÑOS Y NIÑAS (questo lo lasciamo in spagnolo)

lunedì 14 agosto 2017

Ho chiesto a Daniela Scherrer, amica, giornalista professionista e amante della scrittura, di regalarci un racconto breve partendo da una parola: BARACCOPOLI.

Buona lettura.

"Ricordava poco o nulla di quel giorno di agosto. Solo lo sguardo fugace di sua madre mentre lo stava mettendo tra le braccia di una donna dalla pelle bianca come il latte e dai capelli giallo sole. Aveva solo tre anni e i suoi occhi erano ancora troppo giovani e ingenui per capire che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto la mamma. Quella vera. Perché da quel giorno sarebbe stata la donna bianca a chiamarlo figlio. Carlitos aveva passato notti intere a frugare nella sua mente per cercare altri ricordi. Mesi, forse anni in cui quando andava a dormire riviveva quell’intreccio di sguardi e braccia femminili che avevano segnato per sempre la sua vita. Senza che egli avesse mai potuto dire qualcosa. Due donne che avevano deciso al suo posto. Così pensava. Solo una parola era rimasta ben impressa nella sua mente di bambino. Baraccopoli. La donna bianca l’aveva pronunciata più e più volte mentre parlava forte con la sua mamma nera. Sembrava quasi una sorta di “parola magica” per giustificare l’addio. Di questo ne era convinto Carlitos, anche se non sapeva che cosa volesse dire. Ma il suo cuore di bambino, in qualche modo, aveva percepito che la mamma non si sarebbe mai separata da lui se quella parola non fosse rimbalzata con prepotenza tra le lamiere della sua casa e di tutte le altre ammassate e sovrapposte alla sua. Aveva giurato a se stesso che avrebbe studiato per arrivare un giorno a capire il significato della parola “baraccopoli”.


Dei giorni successivi alla sua partenza aveva ricordi molto confusi. Le carezze e i sorrisi della donna bianca, dolci e gentili ma in cui non riusciva a trovare l’affetto della mamma. Poi il lungo viaggio, in auto e in aereo, per arrivare a quella che sarebbe diventata la sua nuova casa. E ancora la febbre, i dottori, la stanchezza, quel senso di novità che stava in mezzo tra paura e scoperta.
Ma la vita, anche per Carlitos, aveva fatto il suo corso. La donna bianca era diventata sempre meno straniera e più madre. Anche perché –gli era stato detto- la mamma nera non lo aveva voluto, aveva cercato di disfarsene senza pietà e per fortuna la bella e brava signora bianca lo aveva salvato dalla morte. Con lei mangiava cose buone, si divertiva, aveva tanti giochi. Scopriva un mondo così diverso dalla polvere che aveva respirato e mangiato nei primi tre anni di vita. E quel mondo gli piaceva. Anche se forse non del tutto. Ogni volta che ripensava agli occhi di quella donna nera un velo di tristezza si impossessava di lui. La donna che lo guardava dolcemente mentre giocava coi rami dell’albero, con le formiche della terra, con le nuvole che vedeva rincorrersi nel cielo. Aveva solo tre anni, troppo pochi per capire il mondo ma abbastanza per sentirsi libero anche in una baraccopoli, laddove il niente diventa tutto, se condito con la fantasia di un bambino.


Carlitos intanto cresceva, si era fatto un bambino spigliato e intraprendente. A scuola era bravo. Non proprio il primo della classe, ma quasi. Non studiava tanto. Ma ascoltava tutto- Faceva domande e, se era il caso, teneva testa alle insegnanti. Finchà un giorno, studiando i contrasti tra ricchi e poveri, si parlò di Parigi e della sua “banlieue”: un tentativo di integrazione fallito miseramente e ridotto a ghetto della capitale francese. “E’ poco più di una bidonville –spiegò l’insegnante- quella che in Italia chiamiamo baraccopoli”.
Carlitos sentì il sangue gelarsi nelle vene. Da quanto tempo cercava il significato di quella parola ed ora, da dietro una cattedra, una voce come uno schiaffo gli aveva sbattuto in faccia la verità. “Città della spazzatura, delle baracche…”, la voce dell’insegnante si allontanava sempre di più e nella mente di Carlitos picchiava forte il rimbombo della parola pronunciata dalla sua mamma bianca. “Baraccopoli”, poi ancora “baraccopoli” e tante volte ancora “baraccopoli” mentre per l’ennesima volta si consumava nella testa e nel cuore del ragazzo lo scambio di braccia tra due donne.
Dunque era quella la colpa della sua mamma nera? Costringerlo a crescere in una baracca, in una città della spazzatura… per questo allora lo avevano portato via dalle sue lamiere ingarbugliate, ma anche dalle formiche, dalle nuvole e dalla sua libertà? Questa la risposta a una domanda che rimbalzava da anni tra mente e cuore senza dargli pace. La verità si era palesata a lui grazie a una parola: baraccopoli. Carlitos tornò a casa ed entrando in cucina affrontò la madre bianca: “Dimmi. Perché quel giorno mi hai strappato dalle braccia della mia madre nera? Perché non volevi che crescessi tra la polvere? Io amavo quella baraccopoli. E mamma amava me. Per questo mi ha dato a te, vero? L’avevi convinta che sarei stato meglio altrove”.
La donna bianca rimase pietrificata. In un istante comprese quello che per anni le era rimasto oscuro, accecata dal suo egoismo e dall’ansia di soddisfare la voglia di maternità. Non seppe fare altro che prendere la mano di Carlitos mentre due lacrime le rigavano il volto. Non aveva parole per spiegare.
Ma proprio in quel silenzio si compì la straordinaria maturazione del ragazzo. Carlitos riuscì a spegnere la rabbia e a comprendere che anche il gesto della madre bianca –seppur sbagliato- era stato solo amore nei suoi confronti.
Baraccopoli…. Laddove si consuma l’estrema povertà… Ma da quel giorno ogni volta che sentiva quella parola a Carlitos un angolo del cuore sorrideva. Là dove stava il ricordo del gesto d’amore di entrambe le sue mamme.

Santa Gertrudis ed il Progetto El Comedor

In Guatemala esiste un luogo non luogo, una baraccopoli dal nome Santa Gertrudis. Lontano migliaia di km dal nostro benessere. Nel Continente Americano, tra Messico, Belize, Honduras e Salvador. In questo paese latino americano si trova la comunità di cui stiamo parlando, a circa 90 km dalla capitale in direzione Chiquimula.
Il clima è secco e caldo. Il territorio è attraversato dal fiume Rio Motagua, che con suo procedere lambisce anche le periferie del villaggio prima di continuare la sua corsa verso l’Oceano Atlantico. L’ambiente naturale circostante, a differenza di gran parte del Guatemala, è abbastanza brullo e poco rigoglioso. Sullo sfondo domina la vista di imponenti montagne.
Perché vi racconto tutto questo? Semplicemente perché le circostante della vita e la sincronicità degli eventi mi hanno permesso di conoscere le persone che compongono la A.I.N.S. Onlus attiva sul territorio lombardo per aiutare i bambini di Santa Gertrudis affinché passano ricevere un concreto aiuto formativo ed abbiamo la possibilità di costruirsi un domani a dispetto della crudezza dell’ambiente in cui sono nati.

Come si diceva all’inizio, nell’aldea di Santa Gertrudis le condizioni urbane e socio-economiche sono caratterizzate da uno status di grande povertà. Le abitazioni, in cui vivono i nuclei familiari e tanti, tanti bambini, sono per lo più di legno, di piccola dimensione e senza acqua corrente. Molte sono ancora prive di luce elettrica. L’economia del luogo è fondata sulla sussistenza e sulla sopravvivenza quotidiana. Povertà e precarietà, sue aspetti dello stesso dramma.
Per fortuna però da oltre un anno esiste una luce di speranza in questo buio: esiste una bella e vivace realtà che ha il nome di El Comefor. Ogni giorno 35 bambini trovano in questo luogo un sicuro punto di appoggio. Inoltre, quotidianamente, centinaia tra bimbe e bimbi vi si recano per istruirsi ed apprendere le conoscenze necessarie per costruirsi un domani, un modello di vita migliore. Una piccola oasi in mezzo a tanta povertà. Un luogo dove A.I.N.S. opera e realizza, nel concreto, le proprie iniziative di solidarietà.
Un luogo di speranza…
Ecco perché vi ho raccontato tutto ciò, perché è di speranza che si deve alimentare la nostra azione quotidiana affinché tutti insieme si incida sul presente in modo tale da renderlo più confacente, per mettere le basi per uno sviluppo sostenibile che non metta nessun uomo sopra un altro, che generi un benessere diffuso e socialmente etico.
Non credi?
A.I.N.S. Onlus – Associazione Italiana Nursing Sociale

Tratto da: https://occhioprivato.wordpress.com/2017/02/05/santa-gertrudis-ed-il-progetto-el-comedor/
Scusandomi con Simona Lisi a cui rubo la foto della sua pagina facebook, mi è piaciuta tantissimo, vi disturbo brevemente per dirvi chi è l'artefice principale del progetto "Muro della Solidarietà": Vittorio Pini. Le cose belle vanno raccontate per cui è importante che si sappia che il progetto Muro della Solidarietà è merito, in Italia, principalmente di Vittorio che, rientrato dopo la permanenza presso il nostro Comedor Infantil, ha deciso di impegnarsi concretamente raccogliendo il denaro per finanziare il progetto. Di seguito pubblichiamo l'articolo apparso l'11 dicembre 2016 sulla Provincia Pavese dove Vittorio racconta il suo viaggio . Come sempre i progetti si realizzano se c'è un lavoro di squadra, per cui noi di Ains onlus ringraziamo Vittorio, gli amici dell'Asociacion Siervo De Dios Moises Lira Serafin i donatori e i muratori che stanno costruendo il Muro della Solidarietà.
Grazie e buona lettura


VOLONTARIO IN GUATEMALA PER AIUTARE I POVERI
Ex fisioterapista 69 enne per mesi all’estero con le associazioni di volontariato.
VOGHERA. Ha lasciato Voghera per seguire progetti rurali di agricoltura sostenibile nelle aziende biologiche del centro America, ma una volta giunto in Guatemala ha deciso di fermarsi in una struttura che aiuta i bambini poveri. Vittorio Pini è un 69enne massofisioterapista vogherese in pensione e da oltre una settimana si trova al Comedor Infantil di La Champa come volontario dell'associazione Ains Onlus di Pavia, che si occupa di emarginazione sociale in Guatemala.

«Rimarrò qui in tutto quindici giorni, poi proseguirò con le mie attività nelle aziende biologiche, ma questa è davvero l'esperienza più toccante del mio viaggio. Qui a La Champa molti piccoli e le loro famiglie vivono in condizioni terribili: ho visto l'estrema miseria e il degrado che attanaglia queste popolazioni, in un villaggio sulla principale arteria del Paese, tappa del notevole traffico verso il porto atlantico. La struttura si occupa delle cure mediche e ha uno spaccio alimentare».
Vittorio si presta a dare una mano su molteplici settori: «Collaboro a tutte le attività della routine quotidiana, dalle pulizie generali, alla preparazione del cibo per i circa 30 bambini che si fermano per il doposcuola. Ho lavorato come massofisioterapista, ora sto anche praticando un po' di terapia ad anziani bisognosi, impartendo ai loro famigliari alcune norme comportamentali. Condivido con le donne che frequentano il Comedor la preparazione di pizza, risotti e pasta all'italiana».

Un'esperienza a tutto tondo, in un contesto che regala emozioni e grandi soddisfazioni: «Grazie alle attività dell’associazione Ains diminuiscono drasticamente i bocciati e anche l'abbandono scolastico. E poi ci sono i benefici sulla salute: tra medicine e buona alimentazione, i bambini stanno davvero meglio». In attesa di ritornare a La Champa, l'avventura di Vittorio presto riprenderà, seguendo un altro progetto etico: «In America Latina pratico il woofing, ovvero lavoro in cambio di ospitalità in aziende che fanno agricoltura biologica. Sono stato a Cuba, poi in Messico a casa di un giovane amico di Pavia che vive a Mahalual, e dopo sono stato una ventina di giorni in Costa Rica. A metà dicembre mi sposterò in Argentina, a febbraio sarò in Cile nell'isola di Chiloé».

EL MUNDO CAMBIA CON TU EJEMPLO,NO CON TU OPINION


venerdì 28 luglio 2017

E si, lavorano tantissime i muratori guatemaltechi sotto controllo della gatta principessa. Il muro cresce veloce. Per correttezza postiamo anche il bonifico di 2 mila euro