martedì 21 aprile 2015

Apprender


Prendo in prestito un paio di pagine dal libro “Boliviario”* (EMI edizioni) di Gabriele Camelo, attualmente autore di reportages presso TV2000.
Questi ragazzi sono sensibili non tanto allo spettacolo, al divertimento,alla musica,alla goliardia, all’energia e agli applausi e alle risate in comune, quanto ad apprendere come si fa un palloncino: non scariche di adrenalina, ma un lento costruire. Fra vedere una sputata di fuoco con musica dei Morcheeba e gonfiare un palloncino nel silenzio – io e due/tre di loro – preferiscono mille volte il silenzio e la pompetta che gonfia. In Italia mi preoccupo di far divertire. Ogni occasione di stare insieme è un’occasione per far battute e ridere insieme. Qui no, qui lo stare insieme sembra non esistere : ognuno si prende il suo palloncino e – in disparte e con pazienza – prova ad apprender. Questo verbo, apprender, sembra avere molto effetto su di loro. “Quieres que te lo hago o quiete apprender?” (“Vuoi che te lo faccio io, il palloncino, o vuoi imparare a farlo?”). La risposta è sempre: “Apprender”. Non è sempre così in Italia, dove i bambini – ad esempio – vogliono tutto e subito, e in genere preferiscono avere subito fra le mani un bel cuoricino con gli uccellini che si baciano. Sto cercando di capire com’è il mondo di questi ragazzi per entrare e scoprire dove stanno i loro punti vitali, e invitarli a vivere. Per ora conosco solo le parole rubare, molestare, picchiare. Eppure sono sempre stato affascinato dall’idea che lì dove c’è apparentemente nero e schifo ci sia – nascosta – una vita –incredibile vita – da far fiorire. Così è sempre per la sofferenza: la sofferenza, come la rabbia, è un’energia che può essere usata per distruggere o per costruire. Lì dove c’è lo schifo c’è la bellezza. Apprender: questa è una parola vitale per loro. "

* BOLIVIARIO  è un diario senza date nel quale l'autore racconta - con grande forza, passione e in uno stile brillante - la sua esperienza di volontario del VIS tra i bambini, gli adolescenti e i giovani emarginati a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. I racconti che si susseguono sono molto veri e, nella loro drammaticità, aiutano il protagonista a riscoprire il senso della vita, il significato dell'essere cristiani oggi. Attraverso questo diario, l'autore ripercorre tappe e passaggi salienti della sua esperienza; descrive la fatica di essere accolto in determinati contesti, la fatica di... scalfire la durezza degli emarginati; l'aggressività dei bambini diventati vecchi prima di aver potuto diventare persone adulte... E, insieme alle tante delusioni,racconta le piccole-grandi conquiste: il sorriso sbocciato improvviso negli occhi di un bimbo, le confidenze ricevute di un adolescente, gli spaccati d'animo di molti, scoperti con sorpresa.

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